lunedì, ottobre 25, 2010

Whitelabs presenta Francesco Zefferino

Dal 28 ottobre al 4 dicembre 2010 - Opening 28 ottobre 2010 ore 18 - 22 Mostra a cura di Nicola Davide Angerame. Con il supporto di Mediaprint e Azienda Agricola Carlotta e Rivarola. Il progetto con il quale whitelabs espone per la prima volta in una personale a Milano il lavoro di Zefferino, in una mostra che accoglie nuovi lavori inediti creati appositamente per questo evento. Il progetto con il quale whitelabs porta Francesco Zefferino ad esporre in una sua prima mostra personale a Milano si basa su una produzione inedita di nuovi lavori dell'artista e ha per titolo Ground Zero, rimando icastico ad un mood particolare, ad un sentimento profondo venuto in luce l’11 settembre 2001, giorno del crollo delle Twin Towers di New York e, con esse, di tutte le certezze occidentali. Per Zefferino il Ground Zero è il punto più inerte e radente raggiunto dall’interiorità di un’umanità sempre più in preda all’ansia.
“Siamo costantemente caricati di aspettative – sostiene Zefferino - di aspirazioni e di nuovi miti o modelli di riferimento, quasi tutti destinati a fallire miseramente a non essere mai raggiunti. Ansia da prestazione, ansia di restare poveri, ansia di vivere, di morire... Ansia di dipingere”.
Zefferino utilizza psicofarmaci mescolati nei pigmenti e nei solventi che utilizza per dipingere. Questo utilizzo diventa sempre più massiccio nel tempo e in questa mostra rappresenta il vero leitmotiv, concentrandosi in una serie di rappresentazioni del vivere contemporaneo determinato da un edonismo pervasivo e dall’azzeramento del senso: si va dalle scene affrescanti di feste mondane, dipinte con l’aspirina (che crea effetti gessosi inediti simili all’affresco) ai ritratti di celebrities dipinte con il Valium in acquerelli di estrema leggerezza (dipinti bianco su bianco) o anche rappresentati con sostanze stupefacenti. Usando il farmaco come materia pittorica, Zefferino ne esalta anche il carattere simbolico, di indicatore dell’alienazione crescente nelle società contemporanee, se è vero che statisticamente gli psicofarmaci sono ormai al primo posto nei consumi di settore nei Paesi avanzati. I titoli delle opere di Zefferino sono, infatti, dedicati al principio attivo dei farmaci.
“Uno dei fondamenti dell’arte di Zefferino – spiega il curatore e critico Nicola Davide Angerame – è la sua totale dedizione ad internet come fonte iconografica. Tutte le sue immagini sono tratte dal mare magno di questa immensa memoria collettiva, il cui numero di “pagine” ha ormai superato, da alcuni mesi, il numero di persone che popolano il pianeta, secondo una di quelle stime che ricordano come durante la Guerra fredda si usasse calcolare il numero di kilogrammi di tritolo per ciascun abitante...”
“La fotografia – spiega Zefferino - è un falso mito, falsa verità. Da quando è stata introdotta è stata tormento e diletto degli artisti. Per troppo tempo è stata oggetto di venerazione in quanto si pensava che raccontasse la verità sul mondo, ma ora che sta per essere definitivamente soppiantata dal digitale ci accorgiamo che la realtà, il realismo, l'iperrealismo sono termini privi di senso. La percezione della realtà è sempre soggettiva ed è manipolabile, anzi, con il digitale ognuno può fabbricarsi una realtà su misura. Nel mio lavoro uso la fotografia come modello che poi manipolo con un software di fotoritocco ri-creando un modello di realtà che poi traduco in pittura. Il ready-made non è solo traslazione transcontestuale di un oggetto/immagine ma traduzione da un linguaggio ad un altro in questo caso dalla realtà manipolata dalla foto digitale, alla realtà manipolata dalla pittura”.
Quello di Zefferino può definirsi un post-realismo che gioca su quanto di reale resta nel web (le immagini delle persone rimandano pur sempre ad esistenze reali) illustrando scene irreali (non esistenti) ma verosimili. In questo modo la pittura trae i suoi modelli dalla rete, li combina liberamente creando accostamenti tra persone che non si conoscono, dentro spazi modificati al computer perché assumano i tratti voluti dall’artista. In tal modo la pittura di Zefferino non prende la realtà ma usa il linguaggio del realismo per raggiungere vette concettuali grazie alla messa in scena di un teatro dell’umanità “assente”, in un grande dramma barocco dove le emozioni e la narrazione sono rappresentate come “azzerate”, colte nel “grado zero” di un senso ormai non più avvertibile.
La tecnica pittorica di Zefferino usa un metodo tratto direttamente dagli studi fatti su Caravaggio da parte dell’artista. “Zefferino – continua Angerame - usa la convenzionalità di un ritrattistica che sembra aspirare a sondare le pieghe nascoste del soggetto, ma in realtà usa il soggetto come una cavia da laboratorio per sondare le pieghe nascoste della pittura, la forza della luce, l’equilibrio della composizione, l’armonia di forme e colori”.
“Zefferino è uno psicologo acuto e sottilissimo che al lettino ha preferito il pennello – scrive Alessandra Redaelli - e il suo è un pennello da fuoriclasse. Capace di una pittura nitida, pulitissima, di una levigatezza vellutata in cui la verosimiglianza non è mai freddo iperrealismo, perché è una verosimiglianza calda, intrisa di emozione, coinvolgente come una presa di coscienza”.
Pittore di una generazione segnata dal rock, festaiola e ansiosa, Zefferino dedica una sezione a scene di gruppo. Si tratta di giovani colti in momenti di relazioni irrelate, durante i parties. Zefferino usa l’iperrealismo di una pittura nitida e fotografica per fissare un istante fuggevole, un momento infinitesimale che però è privo di un senso specifico.

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