mercoledì, aprile 29, 2009

Febbre suina, da Slow Food un invito a riflettere sulle metodologie di allevamento

A causa della recente epidemia di febbre suina che sta colpendo anche gli esseri umani, l’eccessivo allarmismo può indurre il consumatore a eliminare totalmente dalle proprie tavole la carne di maiale.Meglio dunque ribadire alcune importanti precisazioni: il Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, come del resto tutti gli esperti e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono concordi nel dire che il virus H1N1, responsabile dell’epidemia in Messico, non si trasmette consumando carne di maiale. Ciò significa che la trasmissione della malattia non avviene per via alimentare, ma attraverso il contagio tra esseri viventi. «Certo il problema esiste e questa nuova epidemia, dopo la sindrome della mucca pazza e l’aviaria, tira in ballo di nuovo la questione del benessere dell’animale» sottolinea Silvio Barbero, segretario nazionale di Slow Food Italia. «Molti studiosi sospettano uno stretto legame tra il metodo di allevamento industriale, dove gli animali vivono ammassati l’uno contro l’altro in condizioni che poco hanno a che fare con la vita naturale, e la febbre suina. Sembra molto probabile infatti che il contagio, ma soprattutto la mutazione dei virus siano più facili dove vi sia una grande concentrazione di animali come può avvenire negli allevamenti industriali, dove gli esemplari sono sottoposti a stress e a continui trattamenti terapeutici, per cui si generano le condizioni migliori per la trasformazione dell’agente virale». Oltre all’allevamento, un altro aspetto su cui porre massima attenzione è il trasporto animale, visto che il contagio avviene quando il suino infetto è vivo. Per questo motivo i controlli e i monitoraggi del Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria devono essere più che mai precisi e accurati. Silvio Barbero continua: «Il fenomeno della febbre (o influenza) suina pone inoltre nuovi interrogativi sulla clonazione animale, la creazione cioè di esseri identici come corredo genetico. Tutti questi esemplari potrebbero trovarsi completamente indifesi nei confronti di un determinato virus. Bisogna quindi tutelare e diffondere la biodiversità animale, uno degli strumenti più efficaci per evitare pandemie». Da sempre Slow Food sostiene una riduzione del consumo di carne con l’obiettivo di arrestare la continua rincorsa a massimizzarne la produzione. Questo è l’unico modo per avere allevamenti più sostenibili che tengano conto del benessere dell’animale e per promuovere un consumo responsabile e di qualità. Su questo fronte diventa fondamentale anche una precisa e puntuale tracciabilità della filiera.L’attuale situazione di criticità può essere occasione per mettere al centro della riflessione queste tematiche; perchè se è vero che in Italia il fenomeno della febbre suina al momento non è presente, certamente il problema degli allevamenti di stampo industriale sì.

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