giovedì, marzo 26, 2009

Una fame esagerata:la bulimia, dalla Rubrica "Piume in volo"

La bulimia - un disturbo del comportamento alimentare - è caratterizzata da episodi in cui il soggetto sente un bisogno compulsivo di assumere spropositate quantità di cibo. La bulimia è frequente negli adolescenti e nei giovani adulti. Colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile. Gli episodi bulimici possono essere scatenati da alterazioni dell'umore, stati d'ansia o stress. Non vengono considerati episodi bulimici quei casi in cui vi è un'elevata assunzione di cibo saltuariamente e in contesti e situazioni particolari, né il continuo spiluccare nel corso della giornata. Per quanto riguarda le terapie indicate per la bulimia si fa riferimento a quelle impiegate per l'anoressia, tranne ovviamente per il regime alimentare. L'approccio terapeutico pluridisciplinare con l'ausilio dello psicoterapeuta, del neuropsichiatra, del nutrizionista, e spesso di altre figure diverse da caso a caso, è normalmente consigliato per contrastare tale patologia. D'aiuto alle varie forme terapeutiche elencate è spesso il ricorso ai gruppi di auto-mutuo-aiuto presenti oggigiorno anche all'interno di alcune strutture ospedaliere. Un programma terapeutico dovrà essere elaborato a seconda delle necessità della singola persona e certamente un programma di cure che coinvolga la consulenza di vari specialisti darà i migliori risultati. E’ importante sviluppare un approccio alla malattia che coinvolga il supporto dei famigliari del malato e della comunità (gruppi di auto-aiuto o altro genere di supporti messi a disposizione dalla società). La bulimia è costituita da frequenti abbuffate seguite dai cosiddetti comportamenti compensatori quali digiuno, vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, frenetica attività fisica. Il mangiare grandi quantità di cibo, quasi sempre di nascosto, mischiando dolce e salato, caldo e freddo, rappresenta un rifugio da una sofferenza interiore che non trova altre modalità di espressione e rappresenta pertanto un baluardo di difesa nei confronti di emozioni e stati d’animo non facilmente riconoscibili. La bulimia è una modalità estrema per trovare una risposta immediata all’insaziabile fame d’amore che il soggetto bulimico sperimenta in se stesso e che non trova nel mondo un’adeguata risposta. Le persone che soffrono di bulimia hanno una forte carica emotiva e una ricchezza interiore che loro stesse non sanno riconoscere. Il movente principale del loro stato scaturisce da una singolare dinamica psichica, le cui vibrazioni danno luogo a una forma di sensibilità incentrata sulla ricerca dei valori più nobili. Rifiutano tuttavia di aprirsi agli altri perché non li ritengono in grado di comprendere a sufficienza la loro sensibilità assai raffinata. Escludendo dunque ogni comunicazione con il mondo, il cibo diviene l’unico referente esterno perché è sempre accessibile, non tradisce, non giudica, non abbandona mai. Nel disperato tentativo di riempire un enorme vuoto interiore, il soggetto bulimico si sente costretto ad ingerire mastodontiche quantità di cibo. L'esistenza si fissa così nella rigida alternativa tra ingrassare e dimagrire, ingurgitare e vomitare. Dopo la scorpacciata, il soggetto bulimico sperimenta un profondo senso di colpa derivante dal fallimento del suo bisogno di controllare se stesso e il mondo. Ha ceduto al cibo, a questo subdolo nemico che attira, irretisce, non dà pace. E' necessario liberarsene. Ed è così che viene attivata la dinamica pieno/vuoto, tipica della bulimia. In un primo momento, il cibo viene cercato, divorato, consumato, perché serve a colmare un profondo e inaccettabile vuoto esistenziale. Il pieno del cibo rappresenta un tentativo estremo di garantirsi tutto l’amore del mondo: ogni boccone assume il valore di una speranza, di una domanda d’amore, una domanda senza fine che sfocia in un'orgia alimentare. Si tratta di una mera illusione! Successivamente, il paziente bulimico si rende conto di aver riempito il suo corpo e non la sua anima; il cibo ingerito diviene presto un fardello, un pieno intollerabile. Il bisogno di liberarsene, di vomitare, è finalizzato a ristabilire il vuoto esistenziale, un vuoto che non può essere materialmente colmato e che deve pertanto trovare altre vie di soddisfazione. Liberarsi del cibo serve a ristabilire il controllo sulla realtà. La bulimia è un grido estremo, una modalità compulsiva di comportamento messa in gioco al fine di rivendicare un bisogno propriamente umano di comprensione, ascolto, amore. E' quindi indispensabile fare un percorso psicologico di conoscenza interiore in grado di porre in luce le dinamiche, il più delle volte inconsce, che sottostanno a una modalità patologica di rapporto con il cibo. I pazienti bulimici vanno messi in condizio­ne di riconquistare la propria individualità, separandosi da un mondo arcaico e fusionale. Il loro originario bisogno di fusione totale viene in un primo momento riproiettato sul terapeuta. Occorre, col tempo, avviare un processo di separazione dal terapeuta stesso, affinché i pazienti giungano alla conquista di un'autonomia affettiva. Attraverso una buona relazione terapeutica, che ricalchi simbolicamente il primo legame, si ricostruisce il valore dell’amore, di un amore terreno. Il terapeuta, esternando un’accettazione incondizionata, sottrae al cibo ogni potere sostituendosi ad esso. Il cibo perde così il suo valore simbolico di catalizzatore delle emozioni, e il soggetto ritrova in se stesso la libertà di cercare altrove una risposta al significato dell’esistenza.Daniele Barbarotto su:http://opinionivere.blogspot.com/

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